La resa dei volti dolci e idealizzati, la calibrata impostazione luministica con fondale scuro e la delicatezza delle mani rimandano alla maniera di Giovanni Bernardo Azzolino, artista di formazione napoletana vicino a Marco Pino e Fabrizio Santafede, successivamente attivo a Palermo, dove ebbe largo seguito. L’opera si inserisce perfettamente nella produzione di carattere devozionale tipica tra la fine del XVI e i primi decenni del XVII secolo, in cui la figura del santo è esaltata da un linguaggio colto ma accessibile, destinato tanto alle chiese quanto alla committenza privata. La tela evidenzia i caratteri del tardo manierismo: compostezza formale, idealizzazione dei tratti e calibrata armonia cromatica. Al contempo si percepiscono i primi influssi barocchi nella gestione luministica, nell’intensità dello sguardo e nella forza devozionale della scena. Confronti convincenti possono essere istituiti con altre opere di Azzolino presenti a Palermo e Napoli, in particolare con soggetti di sante martiri caratterizzati da simile pathos religioso
Attribuzione: L’opera può essere attribuita con buoni fondamenti a Giovanni Bernardo Azzolino, importante interprete del tardo manierismo napoletano-siciliano, particolarmente attento alle raffigurazioni di soggetti devozionali.