Jean Louis Victor Viger de Vigneau (Argentan, 1819- Parigi, 1879)
La morte di Cleopatra
Olio su tavola, cm 21 x 28
Con cornice, cm 34 x 39
Firmato in basso a destra "H. Viger. D."
Nato ad Argentan, in Normandia, in seno ad una famiglia di umili origini, in giovanissima età Viger de Vigneau, dato il suo precoce e spiccato talento, viene avviato alla professione pittorica, frequentando la scuola di arti grafiche fondata a Rouen da Raymond Quinsac Monvoisin, allievo del celebre Pierre Narcisse Guerin; la formazione artistica del pittore francese proseguì presso i frequentatissimi atelier parigini dei pittori Paul Delaroche, Martin Drolling e Henri Lehman. Grazie alla sua educazione poliedrica, sin dalla gioventù l’artista sviluppa uno stile assolutamente personale, che non punta alla pedissequa emulazione bensì alla sagace reinterpretazione dei modelli dei grandi maestri dell’accademismo francese della metà del XIX secolo. Le opere dell’artista, a partire dagli anni ’40 dell’800, sono accolte in maniera estremamente positiva in ambito parigino e sono acquisite dall’aristocrazia e dai più facoltosi membri della nascente borghesia del tempo: assolutamente positivi sono anche i giudizi relativi alle opere esposte al Salon, evento a cui Jean Louis Victor Viger de Vigneau appare presente in maniera costante a partire dal 1845. Il grande apprezzamento da parte dei suoi contemporanei si concretizza nel 1850, con la nomina a segretario generale del comitato degli artisti di Parigi. A partire dal 1859, il pittore riceve numerose commissioni, tra cui quella per i cartoni per le tre monumentali vetrate del coro della chiesa parigina di Saint-Leu, raffiguranti Cristo ed i profeti Mosè ed Elia. A partire dai primi anni ’60 dell’Ottocento l’artista opera direttamente per Napoleone III, realizzando vari ritratti e una serie di tele dedicate alla ricostruzione della storia della famiglia imperiale. L’artista era stato ospitato dalla principessa Eugenia, consorte dell’imperatore, presso il castello di Malmaison, presso cui fu incaricato di affrescare il salone d’onore. Alla sua morte, nel 1879, l’amico poeta Emile Bertin gli dedica un componimento, pubblicato l’anno successivo nella miscellanea Parnasse: "Il suo lavoro rimarrà, Viger! le grandi pagine che siete stato in grado di ripercorrere, e i vostri affascinanti pannelli, i vostri vividi ritratti vivranno attraverso i secoli, sostenuti, protetti e consacrati dal tempo”. Ad esprimersi favorevolmente rispetto all’operato di Viger, in un articolo del 1879 che ne commemora la figura, è il celeberrimo critico d’arte Deschamps, che lodava il pittore di origini normanne per la sua capacità di rappresentare in maniera magniloquente le figure più potenti dell’impero senza rinunciare però ad un lenticolare realismo.
In questo dipinti, perfettamente in linea con la pittura dei grandi maestri francesi della metà dell’Ottocento, primo tra tutti Courbet, la regina egiziana è rappresentata nuda, in una posa estremamente sensuale, adagiata su un morbido triclinio rosso damascato. La pennellata agile e rapida così come la resa della lucentezza e della trasparenza dei tessuti mettono in evidenza la straordinaria perizia tecnica dell’artista, in grado di fornire massimo risalto all’intrigante figura femminile. I soggetti femminili di carattere mitologico si ripresentano con frequenza nell’intero corpus pittorico di Viger, così come testimoniato da Flora e Zefiro, dipinto commissionato da Napoleone III la cui ubicazione oggi risulta ignota (l’opera è attualmente nota unicamente tramite fotografie storiche).