"Giona e la balena"
Questo curioso pendant dalla pennellata veloce e dai
vividi cromatismi raffigura le vicende del testo biblico relativo al Libro di
Giona. Nella tradizione il profeta Giona viene incaricato da Dio di portare la
sua predicazione presso la città di Ninive, città peccatrice e pagana, affinchè
gli abitanti si convertano ed evitino il castigo divino. Avendo in odio la
città ed i suoi abitanti, quasi a preferirne la distruzione al posto della
salvezza, Giona rifiuta l’incarico imbarcandosi per mare con l’obbiettivo di
rivolgersi altrove. L’imbarcazione viene però travolta da una tempesta ed il
profeta, per evitare che tutte le persone imbarcate periscano in mare rivela la
sua colpa e viene così gettato in mare. Si arriva perciò al fulcro della
vicenda, con in profeta che viene inghiottito da una “grosso pesce”,
tradizionalmente identificato in una balena, e dopo tre giorni e tre notti di
preghiera, l’uomo viene miracolosamente risputato vivo dalla creatura ed
approda sano e salvo sulla costa. Imparata la lezione, Giona si reca poi a
Ninive e dopo aver preso coraggio predica la parola del Signore convertendo il
popolo e garantendogli così la salvezza.
A livello di rappresentazione, la storia di Giona
riproposta nell’arte durante i secoli ha sempre portato a sorprendenti e
curiosi risultati, forse per la possibilità degli artisti di liberare la
propria fantasia nella rappresentazione del mostro marino, protagonista della
vicenda al pari del profeta stesso.
Le due opere in esame raffigurano le scene centrali
della storia raccontata: Giona gettato in mare, e lo stesso mentre viene
liberato dal ventre del mostro. Nel primo dipinto troviamo la scena dominata
dal mare in tempesta mentre, non lontano dalla costa, il profeta sta per essere
gettato in mare dai suoi compagni di viaggio mentre in agguato tra i flutti è
la balena, raffigurata solamente nella testa e in parte della coda. Il mostro
marino si presenta in effetti non come un pacifico cetaceo ma piuttosto con le
sembianze di un grosso pesce dotato di un’enorme bocca irta di denti. Le onde
alte e violente ed il cielo livido testimoniano la drammaticità e della scena e
la fragilità degli uomini di fronte alle forze della natura.
La seconda tela propone invece la scena della salvezza
di Giona. Dopo tre giorni e tre notti passate nella pancia della balena a
pregare e a pentirsi, egli vieni risputato incredibilmente vivo nei pressi
della costa, a simboleggiare la seconda opportunità datagli da Dio. Qui Giona
viene raffigurato seminudo, la figura muscolosa tesa nell’atto di correre via
dall’acqua verso la salvezza degli scogli e la terraferma, in lontananza sotto
un cielo che va schiarendosi, è il pesce che emerge parzialmente dai flutti, il
corpo sinuoso e l’espressione meno minacciosa rispetto al primo dipinto. Due
opere gemelle quindi, che raccontano le parti salienti del celebre testo
biblico con abbondanza di dettagli e personaggi caratterizzati. A risaltare per
qualità è la resa del mare e delle onde, rese vivide dalle pennellate guizzanti
e dai colori intensi. A testimoniare inoltre la grande qualità e conservazione
delle due tele è lo spessore della materia pittorica, non intaccata da restauri
o cadute di colore.
Per qualità stilistica le opere sono accostabili al
pittore Antonio Francesco Peruzzini (1643/1646 - 1724) protagonista assoluto
della pittura paesaggistica di fine seicento. Originario di Ancona e inserito
in un ambito familiare profondamente devoto all’arte (il padre ed il fratello
erano anch’essi pittori), lavorò in diverse realtà italiane, dipinse dapprima a
Roma, poi a Bologna nonché a Firenze per la corte granducale. Celebre per il
proficuo sodalizio con il pittore genovese Alessandro Magnasco, Peruzzini è
stato riscoperto con grande entusiasmo dagli storici dell’arte del XX secolo,
come grande innovatore della narrazione del paesaggio, dominato da una pittura
veloce e vibrante, e da un colorismo vivido ed intenso.