Felice Carena
Torino, 1879 – Venezia, 1966
Natura morta, 1959
Olio su tavola, cm 25 x 55
Firma in basso a destra
Al retro firma, etichetta e timbri della Galleria d'Arte Moderna Il Traghetto, Venezia
Felice Carena nasce a Cumiana (Torino) nel 1879 e si forma all’Accademia Albertina sotto la guida di Giacomo Grosso, per poi entrare in contatto con l’ambiente romano d’inizio secolo. Aderente in gioventù al clima simbolista e spiritualista del primo Novecento, Carena attraversa poi una profonda fase di rinnovamento pittorico: dopo la parentesi fiorentina (dove dirige un’accademia privata frequentata anche da artisti come Afro e Mirko Basaldella), si stabilisce definitivamente a Venezia nel secondo dopoguerra, dove il suo stile raggiunge una piena maturità lirica e contemplativa.
La pittura di Carena si caratterizza per un senso profondo della materia, per l'attenzione alle modulazioni luministiche e per un sentimento del sacro che pervade anche i soggetti più semplici, come le sue celebri nature morte. Fu titolare della cattedra di pittura all’Accademia di Belle Arti di Firenze e, successivamente, figura centrale nella scena veneziana del dopoguerra. La sua opera è oggi presente in importanti musei italiani come la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, la Galleria d'Arte Moderna di Torino e la Galleria Internazionale d'Arte Moderna di Ca' Pesaro a Venezia.
Questa Natura morta del 1959 si inserisce pienamente nella fase tarda della produzione careniana, contraddistinta da una tonalità soffusa, una pennellata pastosa e da un senso del tempo quasi meditativo. È possibile confrontarla con:
la Natura morta con bottiglia nera e pane (anni ’50), conservata alla Galleria d'Arte Moderna di Torino, sua città natale, dove l’oggetto viene trattato con lo stesso senso sacrale, sospeso in uno spazio silenzioso, con colori terrosi e armonie tonali;
la Natura morta con conchiglia del Museo di Ca' Pesaro a Venezia, dove il motivo marino si fa allegoria del tempo e della bellezza fragile, come nella nostra opera.
In queste tele, Carena distilla la lezione di Cézanne e di Morandi in chiave intimista, con un linguaggio che trascende la mera rappresentazione per sfiorare il metafisico.
L’opera qui presentata è una rara e ben conservata natura morta ad olio su tavola, realizzata nel 1959. In una composizione orizzontale, quattro oggetti principali si stagliano su un piano neutro: una bottiglia scura (quasi informe), una grande conchiglia marina e due vasi chiari, uno dei quali rovesciato. Le forme sembrano emergere da un’atmosfera polverosa e soffusa, priva di contorni netti, che ricorda l’intensità lirica dell’ultimo Carena.
I colori sono caldi, terrosi, dominati da ocra, bruni e rosa antichi, con accenti più freddi nei grigi e nei blu lavagna delle ombre. La luce non è direzionale, ma avvolge gli oggetti in modo uniforme, conferendo loro una presenza silenziosa, quasi sacrale. Gli oggetti, pur realistici, sembrano idealizzati, come meditati a lungo prima di essere dipinti.
La firma “CARENA” in rosso bruno in basso a destra è perfettamente leggibile. Al retro, l’etichetta della Galleria d'Arte Moderna “Il Traghetto” di Venezia, attiva negli anni ’50-’60 come importante punto di riferimento per la pittura italiana del Novecento, conferma l’autenticità e la provenienza prestigiosa dell’opera. I timbri della galleria completano la documentazione.
Questa Natura morta del 1959 rappresenta un esempio emblematico della maturità poetica di Felice Carena, capace di trasfigurare il dato reale in immagine di contemplazione e silenzio. Proveniente da una galleria veneziana di rilievo, l’opera si colloca nel solco delle migliori esperienze pittoriche italiane del secondo dopoguerra e merita di essere valorizzata in un contesto museale o in una collezione privata attenta alla pittura italiana del Novecento.