Natura morta con upupa, ranocchia e serpente
Olio su tela ovale, cm 73 x 100
Con cornice, cm 98 x 125
La natura morta in questione, che presenta vari caratteri contraddistintivi della produzione della scuola emiliana del Settecento, si distingue per una ricchezza e una vivacità che vanno oltre la semplice rappresentazione di oggetti inanimati. L'artista ha saputo creare una composizione complessa e dinamica, dove ogni elemento sembra interagire con gli altri. Al centro della scena, su un basamento di pietra, spicca un'abbondanza di frutti: grappoli d'uva, sia bianchi che neri, mele rosse e pere, rappresentati con un realismo quasi tattile. Le foglie di vite, che si intrecciano tra i grappoli, aggiungono un tocco di movimento e naturalezza alla ramificata composizione. Ma ciò che rende particolarmente affascinante quest'opera è la presenza di elementi animali. Un’upupa, dal caratteristico ciuffo rosso, si erge fiero su un ramo, osservando la scena. La sua presenza, così come quella della lucertola che si mimetizza tra i frutti in primo piano, infonde vita e un senso di attesa. Questi dettagli, non comuni nelle nature morte più austere, riflettono una sensibilità naturalistica tipica del periodo. La luce gioca un ruolo fondamentale, illuminando i frutti e gli animali con un tocco morbido, che mette in risalto con delicatezza, ma, al contempo, con decisione le loro forme e colori. Le ombre, sapientemente calibrate, conferiscono volume e tridimensionalità all'intera composizione. Il nostro dipinto appare prossimo alla maniera di Francesco Malagoli (Modena, primi del XVIII secolo – notizie nel 1776), pittore modenese, attivo principalmente in terra natia e nel mantovano, che il biografo Marcello Oretti, sul finire del XVIII, descrive come apprezzato pittore di nature morte, soprattutto di “fiori, frutte … e delle uve tanti vere da ingannare chiunque “. L’unica certezza cronologica relativa all’attività pittorica dell’artista coincide con l’anno 1776, in cui Malagoli contribuì all’apparato decorativo della festa del Corpus Domini di Modena attraverso la realizzazione di due tele riportanti quella data. I documenti ci riferiscono di sue opere divise nelle dimore di conti e di grandi possidenti terrieri mantovani e modenesi. Malagoli percorse il tracciato formativo del concittadino Felice Rubbiani (1677-1752), imprimendo una decisiva svolta alla pittura di natura morta modenese, quando scelse di abbandonare le traboccanti composizioni liriche proposte dalla linea del maestro modenese. Diverse opere del Malagoli per lungo tempo sono state erroneamente attribuite a Giovanni Antonio Nessoli o al già citato Rubbiani come nel caso della coppia di nature morte al museo Civico d’Arte di Modena e a quello recentemente passato sul mercato antiquario a Londra. Sempre al Museo Civico d’Arte modenese sono conservate invece tre opere in passato considerate mano del figlio Bernardino Malagoli (1785-1859), il quale tuttavia non raggiunse mai l’eccellente qualità formale del padre. I rimandi con l’opera in esame si possono ritrovare nelle Nature morte dei Musei d’Arte Antica di Bologna. Malagoli nel corso della sua attività si confronta anche nell’indagine paesistica come nella Natura con frutti oggi in Galleria Estense di Modena. Cifra stilistica del pittore è anche la presenza di uccellini che, come nel nostro caso, animano la composizione, come testimoniato dai già citati dipinti dei Musei Civici di Modena e in due nature morte in collezione privata una milanese, l’altra fiorentina.