Ritratto di Cosimo III de’ Medici, granduca di Toscana, in armatura
Olio su tela, databile tra la fine del XVII secolo e i primi anni del XVIII secolo.
Cm 95 x 73 con cornice ( 101 cm H con antico gancio)
Cm 73 x 51,5 senza cornice.
Cornice coeva in legno intagliato e dorato.
Il dipinto raffigura Cosimo III de’ Medici (Firenze, 14 agosto 1642 – Firenze, 31 ottobre 1723), figlio del granduca Ferdinando II de’ Medici e di Vittoria della Rovere, ultima discendente dei duchi di Urbino. Salito al trono nel 1670, governò la Toscana per oltre cinquant’anni. Sovrano estremamente devoto, legato a una visione religiosa e rigorosa del potere, qui sceglie di essere ritratto in armatura cerimoniale, in una posa fiera e composta che allude alla dignità del ruolo dinastico e alla memoria della tradizione cavalleresca medicea.
L’attribuzione si orienta verso Pietro (Pier) Dandini (Firenze, 1646 – 1712), pittore ufficiale attivo alla corte dei Medici. Tra la fine del Seicento e i primi anni del Settecento, Dandini ricevette numerose commissioni da Cosimo III: tra queste, gli affreschi nella villa Feroni a Borgo a Buggiano (1699), la decorazione della cappella maggiore della chiesa di Santa Maria Maddalena de’ Pazzi (1701), e almeno un altro ritratto del granduca, conservato nel Palazzo Comunale di Prato. Il linguaggio pittorico dell’opera presente, così come la resa dei riflessi metallici e l’impostazione ufficiale della figura, si inseriscono pienamente in questo contesto.
Cosimo III fu sposato con Marguerite‑Louise d’Orléans (Blois, 1645 – Parigi, 1721), cugina di primo grado di Luigi XIV. Educata alla corte francese, brillante e libera, si scontrò fin da subito con l’austerità della corte fiorentina. Avanzò pretese sui gioielli granducali, tentò più volte di fuggire, rifiutò ogni compromesso con l’etichetta medicea. Visse separata dal marito dal 1675 e tornò in Francia, dove condusse una vita indipendente e mondana tra conventi, salotti e provocazioni pubbliche, tanto da attirare scandalo anche a Versailles.
Dal matrimonio nacquero tre figli: Ferdinando, Anna Maria Luisa e Gian Gastone. Nessuno di loro lasciò discendenza. Con la morte di Gian Gastone nel 1737 si estinse definitivamente la linea granducale della dinastia medicea.
Questo ritratto assume quindi un valore emblematico. Da un lato, celebra un sovrano longevo, devoto e consapevole del peso della propria funzione. Dall’altro, evoca – in controluce – il fallimento dinastico e la tensione tra l’austerità del potere mediceo e la vitalità irregolare della cultura francese importata dalla consorte. Un’immagine che chiude con solennità la parabola di una delle più influenti famiglie italiane dell’età moderna.